venerdì 27 novembre 2009

Sono stata molto incerta sul tema da scegliere per questo blog. Avrei potuto scegliere qualcosa di semplice, sbrigativo, un qualsiasi tema sociale con una buona rilevanza mediatica. Giocare al copia incolla. Suggerire qualche riflessione leggera. Siamo sommersi dall'informazione, lavoro nel sociale da molti anni, eppure non mi riesce di fare qualcosa di poco impegnativo, qualcosa che sia estraneo al mio sentire. Ogni strada che percorro, mi vede coinvolta in prima persona, partecipe con tutta me stessa. Il tema non è semplice, o lo è solo apparentemente. Si presta a molte interpretazioni, una per ognuna delle persone che vorranno lasciare la propria esperienza, il proprio passaggio su questa strada.

Narrazione.

Della nostra esperienza di uomini e donne. Per ripensare la nostra vita. Per mettere quella distanza necessaria a farci comprendere. Per comprendere il dolore e la vita di chi assistiamo, curiamo, amiamo.
Perchè prendersi cura dell'altro presuppone una cura di sè. E non sempre questo succede. Spesso siamo soli nel nostro compito.

Questo vuole essere un luogo in cui stare soli in gruppo, in una condivisione libera da consigli, giudizi, sentenze. Uno spazio di ascolto muto.
Questo sarà uno spazio protetto in cui trovare rispecchiamento e comprensione.

4 commenti:

  1. Fulminata dal laboratorio di pedagogia?
    Mi sembra un'ottima proposta di riflessione!

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  2. Diciamo che si comprende ciò che già si conosce. Qui mi è nuovo il metodo, e neppure troppo, ma la scrittura è mia compagna da sempre.

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  3. Vorrei riuscire ad accedere a questo spazio il più possibile in punta di piedi. Sforzandomi di non essere chiassosa perchè per sfogarmi già me ne sono creata uno su misura, dove poter essere logorroica o sintetica, indignata o avvilita, polemica o rassegnata, a seconda del giorno. E a proposito ti ringrazio per il riferimento e la possibilità di ulteriore scambio che mi offri. Il blog che hai attivato tu non è un posto per chiassate ma un'area per pit-stop dell'anima. Una piazzola sul lato di una strada impervia, scivolosa e in salita, tuttavia carreggiabile visto che ci stiamo transitando sopra. Posso dirti quello che per me significa «narrazione». Raccontarmi, raccontare 17 anni di Alzheimer per me non è cercare solidarietà, (a volte sin troppo facile e fastidiosa), ma è dare le spiegazioni che non mi sono mai state chieste. Perchè di domande me ne hanno fatte tante, alcune ricorrenti («Ma come fai?»), altre di circostanza. Quelle essenziali mai. Ecco. Raccontare ciò che vivo, liberandomi dalla pudibonderia da cui un tempo ero affetta, significa trovare la forza di replicare a quelli che toccano ferro vedendo o pensando a mia madre. Che sono gli stessi del «Forza e coraggio». Scrivere per me è questo. Una terapia e un'asserzione.

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  4. Condivido pienamente la necessità di prendersi cura di se. A 360 gradi. Non una ricarica da distribuire poi a quanti ci prendiamo cura . . . o perchè ci sentiamo spremuti dagli altri.
    Ma semplicemete per noi stessi. Non siamo egoisti se ci prendiamo cura di noi, se ci vogliamo bene . . .
    Se stiamo bene con noi stessi sarà più facile star bene anche con gli altri.
    AIUTIAMOCI.

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