«[...]E però se fino ad allora mi ero limitata a subire quelle vecchie storie di famiglia, forse perché non avevo mai avuto il tempo, la voglia, la necessità di valutarle nel loro significato globale, ora cominciai ad ascoltarle criticamente nei confronti miei e di mio padre finendo per correggere il mio punto di vista sull'importanza che la mamma aveva avuto nella nostra famiglia. Durante le tante ore trascorse immergendomi con lei nel passato fui turbata dai sentimenti più diversi: pietà, comprensione, ammirazione, divertimento, tenerezza, irritazione, indignazione, rimpianto, dolore; un dolore che spesso, goffamente, manifestai sotto forma di rabbia, con aggressioni verbali e rimproveri perché mi riusciva difficile sovrapporre l'immagine della donna scontenta, ansiosa, meticolosa, abitudinaria, a quella che emergeva dalla narrazione e che a sua volta evocava altre immagini e situazioni di cui lei non parlava, che sembrava aver dimenticato, ma che, depositate nella mia memoria, tornavano alla superficie assieme al ricordo confuso di episodi sentiti sussurrare in casa quand'ero bambina e poi negati o ridimensionati ma che tutti assieme servivano a completare il mosaico»
da "La cattiva figlia" di Carla Cerati, 1990 Frassinelli , p.117-118.
Conosco Carla come fotografa. A volte ricomincio a pensale al concetto di corpo, al mio, a quello dei nostri cari, malati. Pensieri che si rincorrono, che vorrebbero trovare una via per uscire dal buio, dalla confusione. Mi piacerebbe un progetto, l'ennesimo, sul concetto di corpo oggi, per noi qui dentro...
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